Blocco#12 - Il potere dell'utopia
Non ci sono dèi nell'universo, né nazioni, né denaro, né diritti umani, né leggi, né giustizia al di fuori dell'immaginazione collettiva degli esseri umani. [Y.N. Harari]
Abbiamo visto che gli esseri umani, come molte creature viventi, adottano la strategia della cooperazione per conquistare risorse o colonizzare territori. Cooperare spinge ad unirsi in gruppi sociali, in modo da specializzarsi, sviluppare sinergie sociali, e aumentare l'efficienza del gruppo. Ma la cooperazione di molti individui solleva il problema del coordinamento: affinché la collaborazione sia efficiente, serve qualcuno che faccia da coordinatore. Ma chi? Storicamente gli esseri umani hanno risolto il problema organizzandosi in modo gerarchico: ai vertici della piramide siedono i leader, che dettano le linee guida generali. Sotto di loro stanno i dirigenti o manager, che applicano le regole e coordinano il lavoro dei sottoposti. In basso si trova la forza lavoro, che grazie alla struttura gerarchica può specializzarsi, permettendo lo sviluppo sociale ed economico dell’intera società.
La gerarchia umana può essere pensata come una tecnologia sociale che serve a rendere scalabile la società umana. Senza la gerarchia potremmo organizzarci a livello di famiglia, clan, tribù o villaggio, ma difficilmente riusciremmo a coordinarci in gruppi più numerosi (vedi numero di Dumbar).
L'adozione di gerarchie su larga scala si è imposta in seguito allo sviluppo del linguaggio, che ha permesso di adottare un potere astratto (immaginario) basato principalmente sull'abilità narrativa, al posto di quello fisico caratteristico dell'economia primordiale fondato sulla selezione dei più adatti a sopravvivere. Generalizzando, una società può scegliere tra una vasta gamma di forme di potere, ai cui estremi si trovano il potere fisico (reale) e quello astratto (immaginario). Proviamo a confrontare alcune proprietà di queste due tattiche di proiezione del potere:
E' interessante notare che il potere astratto presenta tendenzialmente più difetti che pregi, se confrontato con quello fisico. Una delle ragioni per cui gli esseri umani preferiscono strutture di potere fondate sul potere astratto è che esso non richiede violenza fisica, la quale ha spesso accezione negativa all'interno di un sistema morale (altre motivazioni sono i legami emotivi e il bisogno di appartenenza). Si crea così un circolo vizioso: accettando un sistema ideologico che aborra la violenza la società è felice di credere nel potere astratto, il quale sostiene al suo interno i principi morali che rifiutano la violenza stessa1.
E’ impossibile dire quale sia il sistema migliore, perché non possiamo valutare tutti i pro e contro di un sistema basato sulla forza fisica rispetto ad uno costruito su credenze immaginarie. Ad esempio, l’atto di formare e mantenere sistemi di credenze astratte condivise richiede risorse, tempo e sforzi collettivi, quali campagne di propaganda, istruzione pubblica e il mantenimento delle istituzioni, il cui costo sociale è difficile da quantificare. Possiamo però evidenziare alcune criticità delle gerarchie astratte. Ad esempio, uno degli svantaggi del potere astratto è che molti individui dimenticano che esso è immaginario e lo proiettano nel mondo reale, secondo il meccanismo discusso nel blocco#9 (esempio dei bastoncini colorati). Ciò avviene in virtù di un meccanismo detto ipostatizzazione o reificazione2, ovvero la tendenza umana nel credere che alcuni concetti astratti abbiano valenza fisica. Vediamo qualche esempio:
Credere che il denaro abbia valore intrinseco
Credere che il valore della Gioconda sia assoluto
Credere che il grado di un militare abbia valore sul personale civile
Credere che l'efficacia di una legge non dipenda dal numero di persone che la rispettano
Questi esempi sono la manifestazione socio-culturale del medesimo meccanismo che ci fa vedere un serpente là dove c'è solo una corda abbandonata nel bosco. In altre parole: crediamo che i concetti astratti siano reali come conseguenza di un meccanismo cognitivo che Madre Natura ha selezionato per aumentare le nostre probabilità di sopravvivenza.
In realtà non esiste una netta separazione tra potere fisico e potere astratto, perché in alcuni i casi il potere fisico viene utilizzato per rafforzare il potere astratto. Un esempio è quello del cavaliere che punisce o uccide il cittadino che non riconosce l'autorità del re. Il cavaliere crede in buona fede che il potere del sovrano sia reale (tramite reificazione), perciò applica la propria forza fisica per difendere chi minaccia il potere astratto. In questo caso l'applicazione della forza fisica svolge due funzioni:
Imporre il potere immaginario a chi non lo riconosce
Reificare la realtà oggettiva del potere agli spettatori
Chiariamo il secondo punto. Come visto nei blocchi precedenti, la Prova di Lavoro può essere pensata come un modo di “certificare” se un’entità è reale o immaginaria. Consideriamo un cittadino indeciso nei confronti dell'autorità astratta (a cui gli altri credono): nel momento in cui egli vede il cavaliere punire i miscredenti, egli percepisce l'evento come una sorta di reality check del potere astratto. L'unica differenza è che non è lui a toccare l'oggetto in questione, ma sono i cavalieri del re ad applicare la Prova di Lavoro in sua vece. In sintesi: punirne uno (usando poca energia) per educarne cento (che costerebbe molta energia).
Un principio simile è utilizzato nei videogiochi: la vibrazione di un controller è un feedback meccanico che permette di capire se un'interazione con un oggetto virtuale è andata a buon fine o no, rendendo più reale l'esperienza. Questi feedback sono una specie di Prova di Lavoro, in quanto “certificano” solo una piccola frazione della forza simulata. Analogamente, gran parte delle manovre militari si manifestano sotto forma di Prova di Lavoro: parate, embarghi, assedi o il semplice sparo d'avvertimento.
Il meccanismo funziona in modo bidirezionale: la forza fisica (o Prova di Lavoro) può essere usata sia per far sembrare reale il potere astratto (forze dell'ordine), sia per smentirlo (attentato ad un capo di stato). E’ sufficiente attaccare un potente, o ferirlo, per ricordare che il suo potere è solo virtuale e non fisico. Anche la guerra ha spesso la medesima funzione, ad esempio applicando forza fisica per imporre un sistema di credenze astratte ad altre nazioni, oppure per minare la fede in una dittatura.
Il potere astratto richiede molto tempo per essere accettato, ma basta una gaffe o uno scandalo per distruggerlo. Esso funziona principalmente in virtù di due meccanismi:
La fede dei “sudditi” che lo considerano reale (reificazione)
La volontà dei sostenitori di sacrificarsi o morire per difenderlo (fanatici o forze dell'ordine)
Conseguentemente il narratore-cacciatore, ovvero colui che vuole assumere il controllo di un nucleo sociale, conquista il potere attuando una strategia divisa in quattro fasi:
Raccontare che esiste un “luogo migliore”. Anticamente questo era il paradiso o l'aldilà, successivamente è diventato un'utopia ideologica, politica, sociale, ambientale o economica (come ad esempio il paradiso fiscale)
Sostenere che sia possibile raggiungere questo luogo attraverso un “percorso”, o possedendo particolari risorse (di cui solo lui è produttore)
Spiegare che lui è il “pastore” in grado di guidare il “gregge” attraverso il “percorso” (o fornire accesso alla risorse)
Aumentare il numero di seguaci. Ciò spesso avviene per effetto valanga (network effect), perché i seguaci dell’ideologia credono di salvare il prossimo, o di costruire un mondo migliore
I cacciatori-narratori usano spesso la retorica come mezzo per conquistare il potere. Questo perché le metafore sono difficili da confutare, dato che usano un concetto astratto (la metafora) per giustificare un altro concetto astratto (l'ideologia). Questa è una delle strategie inizialmente sfruttate dalla religione, ad esempio promettendo la vita ultraterrena, ma nel corso dei secoli è stata usata da qualsiasi ideologia: morale, culturale, economica e politica.
Nel momento in cui il narratore convince il popolo che si può vivere in un mondo migliore, e che quindi esiste un confine tra bene e male (tra giusto e sbagliato, o paradiso e inferno), sta implicitamente affermando che la situazione attuale è imperfetta. La narrazione di un “percorso” è necessaria per fare di lui l'unico mezzo capace di traghettare la società verso l'utopia. Ciò si può manifestare incarnando il ruolo di sciamano, sacerdote, rivoluzionario, imprenditore o leader politico. I potenti sono coloro che detengono le chiavi per accedere ad un luogo mentale di loro invenzione. In sintesi:
Il potere è nelle mani dei guardiani dei cancelli delle utopie
Uno dei primi segnali che indica se tale strategia sta funzionando è quando le persone chiedono il permesso al narratore di accedere al percorso verso l'utopia, perché in tal modo ne riconoscono l'autorità. Ciò vale anche quando le persone chiedono al potente di dimettersi o ridurre il suo potere, perché l'atto di tentare di destituirlo con il suo permesso di fatto ne consolida l’autorità. Ciò suggerisce che la razza umana sia condannata a vivere un eterno dilemma: o ci regoliamo con la forza bruta, in modo sanguinario ma ugualitario, o ci affidiamo ad una gerarchia astratta, affidando il potere nelle mani dei più abili nel raccontare storie.
Esiste una via d'uscita? Forse sì: negli ultimi vent'anni l'informatica ha sviluppato protocolli crittografici in grado di raggiungere consenso in modo trustless, senza la necessità di riporre fiducia in alcun ente centrale. E, guarda caso, questi protocolli funzionano in modo esattamente opposto alle utopie ideologiche. Invece di ipotizzare che i vertici della piramide siano occupati da persone oneste e competenti, questi protocolli assumono che ogni individuo sia egoista, ipocrita o disonesto; invece di vendere un’utopia, si prende atto della fallacia umana. Ma, grazie alla magia della teoria dei giochi, da queste assunzioni emerge un epifenomeno imprevisto, ovvero la definizione di una verità sociale senza bisogno di una gerarchia. La crittografia dimostra che è possibile raggiungere un consenso globale partendo dall’assunzione che non è possibile fidarsi del prossimo.
Stiamo parlando di fantascienza? No, perché la tecnologia in questione esiste da quindici anni, funziona senza perdere un colpo e la sua adozione sta diffondendosi a macchia d'olio, grazie al potere del passa parola. Di quale tecnologia stiamo parlando? Della Karildex ovviamente, che sarà la meta finale del nostro viaggio. La tana del bianconiglio è profonda, il viaggio è ancora lungo, e solo alla fine sveleremo la natura della misteriosa Karildex.
Questa analisi trascura gli aspetti violenti del potere astratto, quali ad esempio le ingiustizie strutturali, la discriminazione istituzionalizzata o le sanzioni economiche, che possono causare sofferenze e morti anche senza l'uso diretto della forza fisica. Trascuriamo questi aspetti volutamente, perché in tal modo evitiamo di viziare l’analisi ponendo l’enfasi su questioni opinabili
A rigore ipostatizzazione o reificazione sono concetti diversi, ma per semplicità qui li considereremo equivalenti