Blocco#11 - Il potere della narrazione
L'uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po' di sicurezza [S. Freud]
La capacità umana di trasmettere idee attraverso lo spazio (linguaggio) e il tempo (scrittura) si esprime a pieno nella narrazione. Le persone abili nel raccontare fatti, influenzare il prossimo e parlare alle folle sono spesso potenti e influenti. In politica un bravo oratore ha più successo di un candidato onesto e qualificato, se quest'ultimo è meno abile nel vendersi. Come accennato nel blocco#10, la narrazione sembra aver sostituito il ruolo sociale della caccia, perché l'abilità nella comunicazione permette (come la caccia) di catturare risorse e scalare la gerarchia. I leoni scelgono i leader tra gli individui più abili nella caccia, noi tra i più abili nel raccontare storie.
Ciò accade perché gli esseri umani tendono a reificare (cioè reputare concrete) le credenze condivise, ovvero le nozioni astratte che R. Pirsig chiama valori sociali e Y.N. Harari superstizioni. E' per questo che concetti astratti quali ideologie, teorie, divinità e fantasmi sono considerati reali, in modo simile al Super Io freudiano. La stessa realtà oggettiva può essere pensata come l'intersezione (immaginaria) delle singole realtà soggettive individuali (astratte). Non serve che i concetti protagonisti della narrazione abbiano riscontro nella realtà fisica: ciò che conta è quanto gli esseri umani credono in un concetto. Gran parte di ciò che noi oggi chiamiamo “reale” è diventato tale perché abbiamo creduto in quell’ideale. Stampa, radio, aeroplani, telefono, computer ed internet non esistevano mille anni fa, ma gli esseri umani vi hanno creduto collettivamente così a lungo da materializzare ciò che prima esisteva solo nella loro mente.
Figura 1: il dialogo della Morte sulle credenze umane (Terry Pratchett)
La narrazione è uno degli strumenti più efficaci per convincere gli altri a credere in concetti astratti quali vita ultraterrena, etica o morale. Con l'opportuna narrativa queste illusioni sono percepite come vere perché ci fanno sentire eterni, giusti o buoni. Il potere dello sciamano consiste nel convincere la tribù che cacciare e uccidere è cosa buona e giusta. Questa sofisticazione delle pulsioni naturali ricorda il pensiero di Antonio Damasio, secondo il quale l'uomo non sarebbe una creatura razionale ma razionalizzante. Siamo guidati da istinti animali1, ma preferiamo pensare di essere spinti da forze assolute, per toglierci dalle spalle la responsabilità delle nostre azioni.
La fede degli umani in un ideale condiviso è cruciale nel determinare la proiezione di potere della razza umana sull'ambiente. Senza la fede in concetti astratti gli esseri umani riuscirebbero solo a cooperare nel contesto delle esperienze condivise: siamo tutti e due a corto di acqua, perciò collaboriamo per scavare un pozzo. La condivisione di ideali astratti permette invece di collaborare anche in assenza di esperienze condivise: siamo entrambi credenti e partiamo per le crociate, anche se non abbiamo mai visto né Dio né un mussulmano.
La fede religiosa è solo una delle tante credenze ideologiche. Ciò è suggerito dal fatto che la nascita del pensiero astratto risale all'usanza dell'inumazione. La sepoltura di persone con un corredo funebre comprendente armi, gioielli, vestiti e cibo (di cui i viventi scelgono di privarsi) è una delle prime manifestazioni di bassa preferenza temporale. Quando un gruppo sociale sacrifica il presente per un futuro di cui ha sentito solo raccontare (in questo caso la vita ultraterrena), seppellendo col defunto oggetti che potrebbero servire ai viventi, trascura la realtà percepita a favore di una idea ipotetica, astratta e futura. Seppellisce il corredo perché crede in una bella storia.
Il potere della narrazione sembra essersi imposto all'inizio del neolitico, quando sono apparsi i primi segni di religione e gerarchia sociale, assieme ad agricoltura e addomesticamento. La spiritualità precedente era principalmente di stampo sciamanico: si parlava già di un aldilà, ma si viveva ancora in armonia col mondo animale. Lo sciamano era il tramite tra mondo materiale e quello spirituale, a volte con poteri magici o curativi, ma raramente esercitava un controllo diretto sulla gerarchia sociale. Al contrario, la scoperta dell'agricoltura ha incentivato l'adozione delle religioni organizzate, probabilmente come mezzo sia per giustificare le prime disuguaglianze sociali, sia per mitigare il disagio generato dallo sfruttamento degli animali2. La religione organizzata ha trionfato perché è riuscita a raccontare la supremazia di alcuni individui come espressione di una volontà divina. Conseguentemente, la gerarchia ha acquisito una nuova funzione: se prima serviva solo a risolvere le dispute e assegnare le risorse, a partire dal neolitico essa assume la capacità di amministrare anche il bene e il male. I comportamenti violenti, quale ad esempio quello di un individuo che uccide la prole dell'avversario (per garantire la sopravvivenza dei più forti), hanno iniziato a venire etichettati come immorali e malvagi. Ciò ha contributo, nel corso dei secoli, a selezionare gli individui più docili, mansueti e obbedienti.
La narrazione ha permesso di incorniciare il nostro dominio sulla natura in un grazioso quadro teorico. Ogni giorno uccidiamo milioni di piante ed animali, ma siccome ciò ferisce la nostra empatia animale3 abbiamo adottato una morale per sdoganare lo sfruttamento della natura. Preferiamo raccontarci di regnare sul mondo perché l'ha voluto una qualche divinità, piuttosto che ammettere d'essere i predatori più potenti del pianeta. Ciò ha permesso ai capibranco di acquisire potere anche su ciò che è giusto o sbagliato, meritevole o riprovevole, ricco o povero. Se nel paleolitico non esistevano vistose differenze di classe, perché non era possibile accumulare benessere, è durante il neolitico che si creano le prime disuguaglianze sociali. E’ in questo periodo che si inizia ad assistere all'inumazione di individui potenti, sepolti assieme ad offerte votive o simili. Riassumendo:
La scoperta del fuoco ha reso più efficiente il cervello, potenziando il pensiero astratto
Il pensiero astratto ha stimolato l'adozione del linguaggio, che ha permesso di condividere strategie, cacciare in modo più efficace e inventare i primi utensili
Agricoltura e addomesticamento (neolitico e invenzione dell'aratro) hanno incoraggiato l'uso della narrazione per giustificare lo sfruttamento sistematico di piante e animali
La narrazione ha permesso di credere in ideali astratti condivisi, riuscendo sia a materializzare tali ideali, sia a giustificare il dominio sull'ambiente circostante
La fede in concetti astratti quali morale e giustizia hanno spinto la società ad adottare la narrazione come criterio di scelta dei capibranco, per cui l'abilità narrativa si è sostituita all'abilità nella lotta o nella caccia, diventando il nuovo strumento di conquista del potere. Ciò ha stimolato la nascita di gerarchie basate sul potere astratto anziché fisico
Il risultato è che gli esseri umani sono i soli animali ad attuare una particolare forma di proiezione di potere: la creazione di sorgenti di potere immaginario. La narrazione spinge l'uomo a identificare il potere in simboli astratti: bandiere nazionali (pezzi di stoffa), spillette del partito (pezzi di latta), corone, scettri, abiti da cerimonia e divise militari. La società è un enorme gioco di ruolo dove fingiamo che i simboli astratti abbiano un potere reale, perché ciò permette di risolvere le dispute in modo civile anziché violento. La differenza tra il potere astratto della politica e un evento LARP (Live Action Role Play) è una mera questione di audience. Ubbidiamo alle manifestazioni di potere immaginario perché crediamo che il potere astratto sia un modo cortese di risolvere le dispute. Consideriamo più civile ascoltare due politici insultarsi durante una tribuna elettorale, piuttosto che vederli combattere in un'arena. Si tratta di un'idea sensata, poiché è legittimo aspirare ad una società in grado di regolarsi senza la violenza. Il rovescio della medaglia è che la fiducia nel potere astratto consente ai narratori più abili di imporsi come leader. Se un predatore-narratore vuole prendere il controllo su un nucleo sociale, gli basta applicare la seguente strategia di conquista:
Condividere con il gruppo sociale l'ideale di una società regolata da concetti astratti, come leggi e rappresentanti, anziché dalla forza fisica
Inventare un sistema morale dove chi ricorre alla violenza è un bruto che va emarginato, curato o imprigionato
Spiegare che scegliendo un sistema gerarchico basato sul potere astratto, anziché fisico, si riduce il rischio che il potere sia accentrato in poche mani, perché leggi e normative (come ad esempio la costituzione) difenderanno il popolo da tale pericolo
Se la manovra ha successo la società si troverà privata dei membri fisicamente più forti, che vengono allontanati o disarmati, e motivata ad abbandonare la violenza a favore di un sistema pacifico e democratico. Ciò è molto gratificante ma nasconde un problema: una volta accettata la nuova gerarchia sociale, per il predatore-narratore è facile attribuirsi il potere immaginario da lui inventato. Il risultato è che la popolazione sarà felice di riconoscerlo come capo villaggio, faraone o divinità incarnata. Il predatore ha addomesticato la società, tramutandola in forza lavoro.
Il fenomeno presenta degli aspetti positivi, perché effettivamente migliora il benessere sociale. Accettando un sistema gerarchico basato su poteri immaginari i cittadini prosperano in pace, ma raramente ciò dura a lungo. Se pensiamo alla società come un organismo collocato nell'ambiente competitivo dell'economia primordiale, un gruppo che prospera rinunciando alla forza fisica aumenta il suo rapporto costi-benefici (BCR) oltre la soglia critica. Ciò espone la società al rischio di essere conquistata da un predatore più evoluto o agguerrito.
In sintesi: una società che sceglie di valorizzare il potere astratto anziché quello fisico viene quasi sempre conquistata dall'interno (ascesa di un dittatore) o dall'esterno (invasione), dove il conquistatore non è il più forte, abile o veloce, ma il più bravo nel raccontare storie. L’esempio eclatante è la politica, dove le elezioni sono vinte dal più bravo in campagna elettorale, non dal più competente o onesto.
Conclusioni
Il potere della narrazione si può spiegare in termini di fiducia. Nel momento in cui una tribù si affida ad un sapiente perché apprezza le sue favole, i membri della tribù si fidano del fatto che lui non abuserà del potere. Se tali aspettative vengono infrante raramente ci si ribella, perché grazie all'unione degli sforzi individuali, incentivata dalla credenza condivisa, quelle favole sono diventate realtà, per cui i potenziali ribelli sono anestetizzati da una placida esistenza. Ogni generazione è più docile, sottomessa e ubbidiente dalla precedente, a vantaggio di una società più civile, pacifica e meno violenta. Mio nonno giocava con la carabina, mio padre lanciava bombe a mano inesplose, io mi intrufolavo nei cantieri edili di notte, mia figlia trova trasgressivo inventare un nuovo meme.
Stiamo parlando di politica? Antropologia? Sociologia? No, perché l'addomesticamento di cui parliamo si manifesta attraverso la tacita accettazione di qualsiasi forma di potere astratto, compresa internet. Se milioni di utenti accettano di cedere dati alla Big Tech, attribuendoli un potere paragonabile a quello di stati e nazioni, la colpa non è di Facebook, Instagram, Tik Tok o delle norme vigenti. La vera causa sembra essere la predisposizione umana nel credere alle favole dei cacciatori-narratori. Siamo noi a dare valore alle risorse con cui vengono selezionati i capibranco, e siamo sempre noi a decidere di credere alle loro favole. Preferiamo dirci che il pianeta sta bollendo per colpa delle grandi aziende, piuttosto che criticare il nostro stile di vita consumistico. Parliamo di bisogni indotti e obsolescenza programmata, invece che ammettere di guardare alla ciotola del vicino. Crediamo che la rivoluzione sia impossibile, perché ci hanno insegnato che scendere in piazza impugnando il forcone è un comportamento incivile.
Ci siamo addomesticati da soli, viviamo come maiali all'ingrasso, e ci lasciamo cucinare lentamente, come rane in un gigantesco pentolone.
Fino al 1863, era convinzione comune che l'uomo non fosse un animale. Sono servite le ricerche di Henry Huxley, noto come il mastino di Darwin, per insinuare l'idea che forse siamo solo scimmie addomesticate, depilate e vestite
Stiamo esponendo un quadro teorico generale che non pretende di essere riduzionista. Ogni cultura si è sviluppata in modo diverso, poiché nelle zone più estreme del pianeta era moralmente più accettabile sfruttare gli animali (vedasi l’abbandono dei cani da slitta o lo scambio dei cammelli esausti nei caravanserragli). Esiste comunque un legame accertato tra adozione di agricoltura, allevamento e gerarchie sociali, dove la distinzione tra causa ed effetto è piuttosto sfumata. Ad esempio, l'agricoltura ha creato un surplus di risorse che ha reso possibile l'accumulo di ricchezza e la formazione di classi sociali distinte. Le religioni organizzate hanno spesso giustificato queste disuguaglianze come parte di un ordine divino o naturale, rafforzando così la gerarchia sociale
Uccidiamo senza scrupoli insetti, pesci e invertebrati, la cui unica colpa è quella di non poter comunicare con noi a livello emotivo. Al contrario, reputiamo sbagliato macellare gli altri mammiferi, perché soffriamo nel percepire il dolore del loro sguardo